Il periodo di comporto di una malattia è un elemento fondamentale nel più ampio contesto delle normative sul lavoro.
E’ importante per i dipendenti, le cui sorti sono decise, de facto, da tali norme. E’ importante però anche per i datori di lavoro, che può brandire questo elemento per gli interessi aziendali i quali, va detto, non sono sempre in contraddizione con quelli del personale.
La questione è piuttosto complessa dunque è utile illustrare definizioni e dinamiche, spiegare come calcolare il periodo di comporto di una malattia, caso per caso. Lo faremo in questa guida, che si concluderà con qualche informazione su Riccardo Zanon, un consulente del lavoro esperto – tra le altre cose – proprio di comporto.
Cos’è il periodo di comporto di una malattia e come si calcola
Il periodo di comporto di una malattia è il margine di tolleranza che un datore è tenuto a rispettare in caso di malattie prolungate. In buona sostanza, è il periodo durante il quale il datore non può licenziare il dipendente che sta affrontando una malattia. Stiamo parlando dunque di uno strumento di tutela di fondamentale importanza per il lavoratore che si trova in una condizione spiacevole: la persistenza di uno stato di malattia e di inabilità al lavoro tale da andare ben oltre il periodo di malattia previsto dal contratto.
Come si calcola il periodo di comporto di una malattia? Dipende. Il comporto degli impiegati segue la normativa nazionale, e per la precisione il Decreto del Presidente della Repubblica n.171 del 2011., fatte salve eventuali condizioni migliorative previste dal contratto. Il comporto degli operai, invece, è regolato interamente dai rispettivi contratti nazionali.
Nel primo caso, il comporto dura tre mesi se l’anzianità è pari o inferiori ai dieci anni. Dura invece sei mesi se l’anzianità è superiore ai dieci anni.
Per quanto concerne gli operai, è utile fare riferimento ad alcuni casi specifici. Il contratto nazionale, o CCNL che dir si voglia del comparto Commercio, concede un comporto pari a 180 giorni. Il contratto Chimici e Farmaceutici opera invece una distinzione in base all’anzianità, secondo il seguente schema:
- 8 mesi in caso di anzianità pari o inferiore a 3 anni;
- 10 mesi in caso di anzianità superiore a 3 anni ma pari o inferiore a 6 anni.
- 12 mesi in caso di anzianità superiore ai 6 anni.
I contratti nazionali, va detto, definiscono anche la metodologia di calcolo. In particolare, il comporto può essere secco, se il periodo viene inteso come continuativo, senza interruzioni. Di contro, il comporto può essere per sommatoria o frazionato, se il periodo va inteso come una somma di giorni, da calcolare all’interno di un dato arco di tempo.
Che succede se si supera il periodo di comporto
E’ il dubbio che attanaglia i lavoratori in prossimità di esaurire il periodo di comporto. In questo caso, che accade? Semplicemente, il datore di lavoro non è tenuto a “mantenere” il lavoratore in azienda. Insomma, può licenziarlo. Per giunta, in maniera agevolata, senza aprire procedure di contestazione o senza riportare una giusta causa (che non sia, per l’appunto il superamento del periodo di comporto).
Sia chiaro, può licenziare, ma non è affatto obbligato a farlo. Non è raro che, discriminando caso per caso, il datore di lavoro chiuda un occhio o prolunghi in maniera ben definita il periodo. Il “dopo” rientra a tutti gli effetti tra le attività di gestione del personale.
La corretta gestione del periodo di comporto
Gestire il periodo di comporto di una malattia è fondamentale per un datore di lavoro. Infatti, può essere inteso come uno strumento per attirare lavoratori, come un benefit tutto sommato poco impegnativo, che “scatta” solo in casi particolari e tutto sommato rari (ovvero la malattia prolungata).
Allo stesso modo, l’accettazione del suo superamento, in maniera del tutto simile a quanto accade con la concessione della grazia, innesca sentimenti di gratitudine, e lega il lavoratore all’azienda.
Lo sa bene Riccardo Zanon, consulente del lavoro che, tra le altre cose, si occupa proprio di comporto. Elabora soluzioni che coinvolgono questo e altri elementi, finalizzate alla corretta gestione del capitale umano, qui intesa come volano per la crescita aziendale. La sua visione è peculiare, e sfrutta una profonda conoscenza tanto delle normative sul lavoro quanto delle dinamiche aziendali.